Incipit:
"Sulla nave eravamo quasi tutte
vergini. Avevamo i capelli lunghi e neri e i piedi piatti e larghi, e
non eravamo molto alte. Alcune di noi erano cresciute solo a pappa di
riso e avevano le gambe un po’ storte, e alcune di noi avevano appena
quattordici anni ed erano ancora bambine. Alcune di noi venivano dalla
città e portavano abiti cittadini all’ultima moda, ma molte di più
venivano dalla campagna, e sulla nave portavano gli stessi vecchi kimono
che avevano portato per anni – indumenti sbiaditi smessi dalle nostre
sorelle, rammendati e tinti più volte. Alcune di noi venivano dalle
montagne e non avevano mai visto il mare, tranne che in fotografia, e
alcune di noi erano figlie di pescatori che conoscevano il mare da
sempre."
La scelta stilistica di
usare la prima persona plurale è davvero particolare e riesce a rendere
l'aspetto corale del romanzo senza mai diventare indistinta e
spersonalizzata: in qualche modo, ognuna delle donne trova spazio per
raccontare la sua scheggia di esperienza americana. Alla lunga, però, lo
schema diventa un po' ripetitivo, anche se funziona.
Le cose
cambiano negli ultimi due capitoli, dove, prima, vengono fatti anche i
nomi di alcune donne e uomini: la voce narrante collettiva si distacca e
racconta di molte "lei", di adulti e bambini, uomini e donne, tutti
giapponesi americani; poi, improvvisamente, nell'ultimo capitolo la voce
corale che ci ha accompagnato attraverso l'oceano fin dall'inizio si
trasforma: "noi" sono gli americani rimasti, che si domandano che fine
abbiano fatto i giapponesi. E' difficile tornare a immedesimarsi
nell'occidentale, proprio alla fine, quando invece vorresti solo sapere
che cosa è successo ai giapponesi.
Mi aspettavo una storia sulle
donne... e invece mi sono ritrovata soprattutto una storia sul razzismo:
cinesi, giapponesi, coreani, negri, italiani in america... sono tutti
stereotipati nelle loro caratteristiche, non solo nella mente
dell'americano che se li è trovati sulla porta di casa, perché i
pregiudizi razziali (r)esistono anche all'interno delle varie etnie (i
cinesi sono maleducati e lavorano male... i negri vivono in cinque
famiglie nella stessa casa... e così via).
Comunque il romanzo mi
è piaciuto. Ci sono stati momenti in cui avrei voluto leggere di più di
una data situazione, ma il romanzo scivolava via verso altre storie e
altre persone. Talvolta si ritrovano situazioni di cui si ha letto
magari nel capitolo precedente e il pezzi si avvicinano lentamente, per
completare un puzzle fatto solo di accenni, ma non di storie complete.
Valutazione: 3/5