Una casa con giardino, due bambini: Frank e April Wheeler vivono una vita tranquilla e priva di emozioni. La monotonia del guotidiano corrode lentamente il già fragile e poco affettuoso rapporto tra Frank e April, portando entrambi verso il limite della sopportazione. April tenta di cambiare la situazione, proponendo a Frank di cominciare una nuova vita in Europa, a Parigi, dove sarebbe finalmente stato in grado di scoprire il suo vero Io, finalmente libero da un lavoro monotono e poco soddisfacente. La proposta viene fiaccamente accettata da Frank, ma inconsciamente egli si ritroverà a cercare in tutti i modi ragioni per non partire, e la relazione tra i due ne uscirà malridotta.
Non c'è speranza di un finale felice, per questa coppia e per le persone a loro affezionate: lo scenario è desolante, un mondo triste, grigio, mortale (cit. Joyce Carol Oates) in cui i personaggi non hanno una precisa idea di chi siano veramente. Tutti si muovono nel mondo quasi per inerzia, condannati dalle stesse abitudini e dalle convenzioni che vanno svilendo e deridendo nei vicini piccolo borghesi, nel disperato bisogno di sentirsi diversi.
- Il fatto è che non so chi sei [...] E anche se lo sapessi [...] temo che non servirebbe a nulla, perchè, vedi, non so neppure chi sono io.
Il romanzo è ricco di sottile ironia, che traspare dalle parole e dai nomi stessi dei personaggi, a partire dalla famiglia Wheeler che, come una ruota (wheel), gira impazzita alla ricerca di un punto fermo, fino all'amico di famiglia Shep (shepard, pastore), fedele quasi come un cane. La stessa ironia, spesso crudele, viene riservata alle dinamiche tra i vari personaggi del romanzo.
Riporto qui l'epilogo, forse uno dei più bei finali che abbia
letto ultimamente (tranquilli, niente spoiler!), in cui un vecchio signor Givings, per
sopravvivere al costante chiacchiericcio della moglie...
... udì soltanto un tonante, piacevole mare di silenzio. Aveva spento l'apparecchio acustico.
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